La rubrica Persone che fanno la differenza, si arricchisce con la storia di Pietro Messina, fondatore e attuale presidente dell’associazione Il Ponte di Civitavecchia, una realtà nata per accompagnare persone vittime della tossicodipendenza a riscoprire sé stesse e il proprio ruolo nella società.

Dicono che a breve Pietro compirà 78 anni.

Dicono, perché Pietro non pensa a quanti anni ha. Pensa invece al domani e a tutto quello che può fare per migliorare, ancora, la vita dell’uomo. Perché questa è la sua eredità.

Pietro ha occhi grandi e lo sguardo lungo. Impara fin da bambino a guardare oltre e a vedere le persone per quello che sono. Così man mano che cresce sente maturare dentro di sé il bisogno di mettersi a disposizione. Di fare qualcosa. Di esserci per aiutare gli altri. Ma come?

Nell’oratorio di Allumiere, Pietro resta incantato dell’energia di Don Egidio. Per lui tutto è semplice e chiaro: la vita va spesa per prendersi cura della Persona. È un sacerdote carismatico e i giovani diventano protagonisti delle attività di solidarietà proposte dall’oratorio. E Pietro non fa eccezione.

Si mette a servizio perché il suo cuore lo spinge a costruire una società più umana e anche più giusta. Un’idea che lo spinge a scegliere la facoltà di Giurisprudenza. Qui, esame dopo esame, comprende che questa è la sua via. Praticare il diritto è una forma di cura della persona. Il suo titolo diventa così un lavoro di aiuto per chi si trova in difficoltà.

La professione lo affascina e lo coinvolge. Pietro rinuncia alla carica di funzionario statale perché nello studio legale sente di poter fare tanto, di essere un collaboratore dei cittadini sommersi da entità preponderanti. Anche Don Egidio percepisce l’animo che divampa in Pietro, lo osserva e alla fine lo coinvolge.

Negli anni ’70 la droga in Italia è un’evidenza, una piaga che scava lo spirito dei ragazzi e angoscia le famiglie. E i giovani laziali non ne sono immuni. Don Egidio entra negli occhi spenti di giovani pieni di vuoto, in loro il grido di aiuto si zittisce in una dose rimediata. A quel lento suicidio popolare, don Egidio non ci sta.

“Siamo tutti fratelli!” dice don Egidio ai suoi giovani e riconosce in ciascuno un dono da mettere in gioco per generare una comunità dove l’amore responsabile è il centro. Pietro porta le sue competenze come avvocato e insieme agli altri giovani, forma un gruppo di pionieri intenti a creare di risposte concrete per vincere la sfida della vita. Perché nessun ragazzo merita di essere abbandonato.

Con la nascita dell’associazione Il Ponte, Pietro inizia a gestire seminari di diritto penale e familiare: chi cade nella tossicodipendenza si trascina in un vortice di difficoltà. L’associazione è viva e attiva. Si cercano i primi appartamenti per creare una struttura. Si bussa agli amici, ai frati, alla regione. Si corre ma il tempo è lento e resistente: c’è paura, c’è l’AIDS, c’è ostilità.

“Ci portate i drogati in casa!” si lamentano i cittadini dei paesi. Ma ne Il Ponte, i drogati hanno tutti un nome, un’età e una sfida da affrontare. Sono ragazzi, a volte poco più di bambini. Sono giovani donne, a volte incinte, a volte con figli piccoli. Sono minori senza scuola e legami. Sono persone perse nel rifiuto di sé stesse.

L’associazione resiste. Il lavoro è tanto, ogni persona in percorso terapeutico deve tornare ad amarsi per quello che è per poi costruire un rapporto sano con gli altri. Le critiche dall’esterno fanno male ma mai come un ragazzo che alla fine non ce la fa.

Le sconfitte diventano motore di incontri con famiglie, istituzioni, scuole e attori sociali per promuovere la prevenzione, per testimoniare che è possibile un’altra via e che anche nella caduta si può rinascere.

Lo testimoniano le 60 madri con bambino e i 1100 ragazzi che partecipano alla Festa della vita ritrovata, ilbattesimo sociale a termine del percorso terapeutico, che toglie lo stigma della dipendenza portando le persone a vivere rinnovate in società!

Oggi Il Ponte è una comunità per le vittime della dipendenza. Insieme a 40 operatori, ai progetti educativi e lavorativi, Pietro alimenta l’eredità lasciatagli da Don Egidio: liberare la persona e riportala a vivere.

“Sono qui per restituire ciò che mi è stato dato!”

Lui è Pietro Messina, un uomo che fa la differenza.

 

Fondazione Cattolica 21/05/2024